La storia dell'antico Egitto è stata ricostruita grazie a documenti come la “Lista dei Re di Torino” (Cat. 1874), che ha permesso agli studiosi di definire una cronologia attendibile dell'antico Egitto. Molti dei testi conservati forniscono informazioni su avvenimenti che lo Stato egiziano voleva ricordare, come il “Papiro dello sciopero di Torino” (Cat. 1880), o la condanna degli individui responsabili di un attentato alla vita del faraone nel cosiddetto “Papiro della Congiura di Torino/dell’Harem” (Cat. 1875). Questi testi hanno scopi politici, pertanto non rappresentano testimonianze oggettive. Tuttavia, essi costituiscono una preziosa fonte storica dal momento che bisognerà attendere l'arrivo di Erodoto, nel V secolo a.C., per poter disporre del primo resoconto della storia egizia.
Questo manoscritto contiene un testo giudiziario che racconta il processo che (probabilmente) ebbe luogo contro un gruppo di cospiratori per aver tentato di uccidere il faraone Ramesse III (ca. 1187-1157 a.C.). L'istigatrice fu la regina Tiy che, insieme ad altre donne nell’harem del sovrano e diverse figure di spicco nel governo, tentò di insediare sul trono suo figlio, Pentauret, al posto dell’erede legittimo. Sebbene la morte di Ramesse III non sia esplicitamente menzionata nel papiro, sembra che l’omicidio sia stato perpetrato con successo. Infatti, le recenti analisi sulla mummia del faraone indicano come causa del decesso un profondo taglio alla gola. Ciò nonostante, l’erede legittimo riuscì ugualmente a salire al trono, al posto di Pentauret. Egli prese il nome di Ramesse IV e i colpevoli furono arrestati e processati. Il papiro riporta il crimine di cui ciascun cospiratore era accusato e la punizione impartitagli. La maggior parte dei congiurati fu condannata a morte, ma non fu uccisa direttamente dai seguaci di Ramesse IV. Infatti, agli accusati fu “concesso” di togliersi la vita.
Il verso (retro) di un papiro della collezione torinese riporta un importante evento: l’alto ufficiale Montumes annuncia ai lavoratori la morte di Ramesse III e l’ascesa al trono di Ramesse IV. Il testo si conclude con i festeggiamenti dei lavoratori fino a notte fonda in onore del nuovo faraone.
Questo documento non ha eguali nell'antico Egitto, perché racconta quello che non si potrebbe raccontare, il sacrilegio estremo: una cospirazione per fomentare una ribellione, assassinare il faraone e mettere sul trono un pretendente. Il testo è un riassunto del processo ai cospiratori, dalla formazione del tribunale alla pena inflitta. Questo documento è interessante non solo per ciò che riporta, ma soprattutto per ciò che non riporta: è un perfetto esercizio di reticenza. Non è reso chiaro se il re sia sopravvissuto o meno. Non è indicato chiaramente che i cospiratori furono giustiziati, ma piuttosto vengono utilizzate circonlocuzioni per proteggere i condannati dalle conseguenze delle loro stesse azioni.
Il manoscritto, lungo oltre 5 metri, è parte dell’esposizione permanente del Museo Egizio e corredato da una dettagliata infografica contenente tre livelli di informazione. Realizzata da Piera Luisolo e Federico Poole/Museo Egizio.
I nomi di alcuni dei cospiratori non sono riportati correttamente, ma ridicolamente storpiati, come ad esempio: Bjn-m-wꜣs.t, un cospiratore dal nome storpiato in “Cattivo a Tebe”, un militare il cui vero nome doveva essere qualcosa come Nfr-m-wꜣs.t (“Buono a Tebe”); e ancora Pꜣ-rꜤ-kꜣ-mn=f wn.w m ḥr.y-tp “Parakamenef, già mago”; come sappiamo da altri papiri, il compito dei maghi nella congiura era di fabbricare immagini di cera “per rendere senza forza le membra” dei guardiani.
A differenza di altri papiri ramessidi della collezione torinese, il “Papiro della Congiura dell'Harem” non è stato riutilizzato: il testo documentario è stato trascritto con mano elegante e un'ampia calligrafia sul recto di un papiro di altissima qualità, lasciando il verso vuoto.
In totale si sono conservate sei colonne, l'inizio è andato perduto ma si ritiene che non manchi molto del testo dal momento che si è conservata l'intera descrizione del crimine e del caso processuale. Lo scritto è distribuito ampiamente sulla superficie del papiro e ogni colonna ha una lunghezza e un numero di righe diverso: la disposizione del testo è chiaramente condizionata dal contenuto delle colonne, che documentano ciascuna aspetti diversi del caso giudiziario. Ad esempio, le colonne quattro e cinque sono le più dettagliate: a ciascun colpevole è dedicata una riga intera, dove è riportata la sua presentazione, la descrizione del suo coinvolgimento nella cospirazione e il riconoscimento della sua colpevolezza. A livello visivo, la suddivisione del testo è resa attraverso la ripetizione costante di formule come ḫrw ꜥꜣ “grande criminale NN”, mentre la suddivisione delle singole sezioni è scandita da frasi scritte con inchiostro rosso, come i͗n.tu̯=f “fu condotto (a presentarsi)”.
La scrittura calligrafica, la distribuzione spaziosa del testo e le chiare delimitazioni tra le colonne e le singole sezioni indicano l'uso di questo rotolo di papiro come manoscritto documentario, destinato ad essere custodito in una biblioteca o in un archivio, al fine di conservare i procedimenti relativi a tale evento storico. Non si trattava di un papiro che poteva essere riutilizzato, nonostante lo spazio libero sul recto e sul verso, considerato il suo valore di documento d'archivio.